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MUSEO DELLA CERAMICA DI MONDOVÌ
di Christiana Fissore

Il Museo della Ceramica di Mondovì è stato inaugurato nel 2010 nel prestigioso Palazzo Fauzone di Germagnano, inserito nel rione medievale Piazza, reimpostato radicalmente in età barocca.
Un sapiente intervento di restauro ha permesso di recuperare affreschi, stucchi, e arredi di straordinaria bellezza con cui dialogano costantemente i pezzi esposti.

Nato dalla collaborazione tra il Comune di Mondovì e la Fondazione Museo della Ceramica, il restauro del Palazzo e l'allestimento del Museo sono stati realizzati grazie ai contributi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Piemonte, della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e della Compagnia di San Paolo, con il patrocinio e il sostegno della Sovrintendenza per i beni culturali e architettonici del Piemonte.
Il Museo è stato ispirato e voluto da Marco Levi (1910-2001), mecenate illuminato, ultimo proprietario e direttore dello storico marchio ceramico "Vedova Besio e Figlio", profondamente legato alla sua città e alla sue gente .


Negli anni Novanta Marco Levi acquista dallo studioso ligure Carlo Baggioli la sua ricca collezione di ceramica monregalese a cui aggiunge parte di quella personale, per consegnare alla Città un sogno e un progetto: costituire un Museo, luogo di memoria, cura e diffusione della plurisecolare   esperienza artistica e industriale del distretto ceramico monregalese.


Il percorso espositivo si sviluppa sui due piani nobili del Palazzo e conduce il visitatore attraverso questa affascinante esperienza.
Nella sala verde del primo piano viene presentata la prima produzione monregalese in terraglia color crema di cui sono evidenziate le analogie con un tipo ceramico ideato nell'Inghilterra della Rivoluzione industriale, poi chiamato in Italia "terraglia".
Fu l'inglese Josiah Wedgwood (1730-1795), pioniere della Rivoluzione industriale, a perfezionare questo materiale facendolo assurgere al più alto livello di raffinatezza: la sua cream ware, più tardi nota come Queen's ware, ebbe un successo straordinariamente rapido e si diffuse in tutta Europa creando una forte concorrenza alle fabbriche di maiolica e porcellana.
Agli albori del XIX secolo anche nel borgo del Rinchiuso a Mondovì inizia la fabbricazione di questa ceramica a pasta bianca, opaca, fine, densa, sonora, ricoperta di una vernice piombifera. La sua somiglianza con la esotica e preziosa porcellana, la funzionalità ed il costo contenuto, decretarono il suo immediato consenso presso il pubblico consumatore.
Tra i vari mercati raggiunti dal nuovo prodotto inglese vi fu la Liguria che rappresentò un fondamentale trait d'union per l'inserimento di Mondovì nel circuito dell'innovativa produzione di terraglia all'uso inglese. La regione costiera diede infatti i natali ai primi ceramisti della scuola monregalese e rappresentò in Italia un caso di precoce introduzione del nuovo tipo ceramico: il principe dei ceramisti liguri, il savonese Giacomo Boselli (1744-1808), iniziò a produrre la terraglia "alla Wedgwood" nell'ultimo ventennio del Settecento.

Confronti guidati tra i diversi manufatti esposti mettono in luce come il savonese Benedetto Musso, attivo a partire dal 1805 nella Fabbrica Perotti a Mondovì Rinchiuso, abbia riproposto con maestria la lezione appresa nel corso del suo apprendistato presso la manifattura Boselli. Forme e decori di grande pregio documentano anche la produzione in terraglia tenera dell'albisolese Giuseppe Besio, l'altro pioniere della ceramica monregalese : completa questa prima sezione una campionatura di forme in cosidetta "nera", il vasellame in terracotta rivestito di vernice piombifera addizionata a manganese alla cui produzione la famiglia Besio era storicamente avvezza .

Il percorso espositivo prosegue, sempre al primo piano, passando in rassegna le tecniche di decorazione e di foggiatura che hanno caratterizzato nei secoli la ceramica monregalese: pittura a pennello, tamponatura "a velo" o "a merletto", transfer print, foggiatura con parti a rilievo, decorazione a stampino, mascherina e aerografo.

Accanto agli esemplari rappresentativi di ogni singola tecnica sono esposti gli strumenti per realizzarle, provenienti dalle storiche fabbriche del distretto.
La nobile tecnica della pittura a pennello è rappresentata per lo più da esemplari decorati con soggetti di grande immediatezza espressiva, divenuti oggi oggetto di appassionato collezionismo.

Tra i temi più diffusi troviamo i noti galletti di ascendenza francese, dotati di sontuose quanto improbabili code, uccelli policromi, freschi e spumeggianti fiori disposti singolarmente o in mazzo, paesaggi campiti in bianco e blu eredi della raffinata tradizione ligure. Il lavoro, affidato in genere a manodopera femminile specializzata, era spesso completato dall'operazione di filettatura, che consisteva nel tracciare fili o fasce -filetti- sul corpo del manufatto. Si distinguono dal genere a pennello due rari e importanti tondi da parata di recente acquisizione, appartenenti al filone decorativo della cosiddetta "pittura su ceramica" .
Gli esemplari recano sul verso la marca incussa in pasta della manifattura di Giuseppe Besio e lo stemma della regia Accademia Albertina. Il tondo raffigurante il busto di Santa Cecilia di profilo, circondata dai simboli del martirio, riporta la data 1887 e la firma del Maestro Andrea Marchisio, professore all'Accademia che ottenne il privilegio di un proprio studio personale all'interno.

Un' intera sala è dedicata alla raffinata tecnica della tamponatura "a velo" o "a merletto" . Nel corso del XIX secolo il distretto monregalese fece proprio questo sistema decorativo che consisteva nel timbrare la superficie ceramica con un tampone che, imbevuto nel colore e rivestito con merletto, pizzo ricamato o tulle, imprimeva sul manufatto ceramico una trama decorativa o una delicata campitura a velo.

La diffusione di questo decoro su ceramica è certamente da ricollegarsi al posto da protagonista occupato nel corso dell'Ottocento dal merletto, il cui uso era codificato nei manuali di galateo, rivolti in primo luogo alla nuova classe emergente borghese.
La sala dedicata al transfer print, documenta un procedimento decorativo che consisteva nell'inchiostrare con un colore per ceramiche, solitamente blu o nero, una lastra di rame precedentemente incisa: il disegno veniva poi trasferito su una carta particolare che, applicata con pressione sulla superficie dell'oggetto da decorare, ne riportava il motivo.
Tale tecnica, introdotta intorno alla metà del Settecento in Inghilterra, rispondeva ai dettami del profitto industriale e consentiva di produrre in serie interi servizi da tavola a costi nettamente inferiori rispetto al vasellame dipinto a mano.
Il percorso del primo piano termina delineando un fenomeno che riguardò le manifatture monregalesi a partire dalla metà del XIX secolo. In questo momento iniziò un processo di semplificazione dei motivi decorativi grazie all'impiego di tecniche seriali a scapito del tradizionale uso del pennello: i temi tradizionali che avevano reso grande la tradizione "Vecchia Mondovì" continuarono ad essere rappresentati, insieme con disegni geometrici, mediante l'uso sempre più intensivo di spugne intagliate, mascherine e timbri in gomma.
A partire dal primo dopoguerra si assistette all'uso intensivo dell'aerografo in abbinamento a quello della mascherina: una sezione espositiva al secondo piano dedicata alla produzione novecentesca offre alla vista felici esempi in tal senso e rivela come le manifatture abbiano felicemente tradotto nei tratti estetici le suggestione delle principali correnti artistiche europee .
La restante parte di percorso al secondo piano passa cronologicamente in rassegna le principali fasi della storia del distretto industriale monregalese mostrando, oltre alla produzione ceramica caratteristica delle singole fabbriche, suggestive fotografie storiche, preziosi documenti che immortalano le storiche manifatture.

Due sale multimediali realizzate in collaborazione con Studio Azzurro Produzioni completano e arricchiscono il percorso grazie all'uso di un linguaggio artistico contemporaneo di grande impatto scenografico.

La sala intitolata "Fare ceramica" ci introduce al processo di lavorazione della terraglia tenera, il prodotto ceramico che tra Otto e Novecento rese grande l'industria di Mondovì e del suo territorio.
Le varie fasi di lavorazione, mutate nel corso dei due secoli con l'evolversi della tecnologia e del contesto sociale ed economico, sono qui illustrate senza l'uso di parole, coinvolgendo attivamente il visitatore nelle immagini e nei suoni del lavoro. La seconda installazione ,"Apparecchiare la tavola", coinvolge il pubblico nei gesti della preparazione di una tavola, che si imbandisce da sé delle vivande, in un gesto denso di poesia, semplice e quotidiano.
Sono qui presentati otto diversi esempi di tavole apparecchiate con servizi in ceramica prodotti nel comprensorio monregalese tra Otto e Novecento.
Il Museo è inoltre dotato di ampie strutture attrezzate a sala conferenze, laboratori didattici, spazi espositivi temporanei.

Da un anno una nuova struttura, UP, fa parte percorso museale. UP, acronimo di Unità Produttiva, rientra nel più ampio progetto "La terra di mezzo. La via della ceramica tra Liguria e Piemonte", promosso dalla Fondazione Museo della Ceramica, con la partecipazione dei Comuni di Savona, Mondovì, Albissola Marina e Albisola Superiore, risultato vincitore di un bando finanziato dalla Compagnia di San Paolo.

UP si propone di portare il "fare ceramica" all'interno della stessa sede museale, divenendo non più soltanto luogo della memoria storica, ma dimostrazione concreta del potere generativo della cultura.
L'unità produttiva, attrezzata per realizzare tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla foggiatura alla decorazione del biscotto alla cottura nel forno elettrico, si propone il rilancio e la rivisitazione della tradizionale produzione ceramica monregalese, anche attraverso la collaborazione con la Besio 1842, ultimo marchio storico operante sul territorio, nonché come sede di sperimentazione e confronto per artisti e designer contemporanei .
UP è inoltre utilizzata dagli studenti del Corso teorico-pratico di Arte Ceramica istituito presso il Museo a seguito di apposita convenzione con l'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, operativo dall'anno accademico 2014-2015.

 

 

Siti di interesse

  • Museo della Ceramica
  • Manifattura Besio 1842

 

Visita il sito dedicato

 

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